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Nei giorni scorsi le organizzazioni terroristiche hanno diffuso video in cui rivelavano il tentativo di Hamas e della Jihad Islamica fi tornare alla produzione di armi come razzi e mortai. Fonti dell'IDF sostengono che la catena di produzione di Hamas e della Jihad islamica ha subito colpi dolorosi, soprattutto nei loro grandi siti di produzione sotterranei, e nelle ultime settimane è in corso la caccia a manodopera che è specializzata nella produzione di cinture esplosive da kamikaze e ha familiarità con esplosivi. Le fonti sottolineano che, a differenza del passato, Hamas non ha la possibilità di importare materie prime dall'estero e si trova quindi in grande difficoltà. Secondo fonti dell'IDF, i lanci di razzi verso Beer Sheva durante il fine settimana sono stati effettuati dai campi centrali, ma la maggior parte dei lanci di razzi della scorsa settimana sono stati effettuati dalla città di Rafah. La manovra della Divisione 162 procede: dunque Hamas tenterà di lanciare i razzi ancora in suo possesso prima che l'IDF li distrugga a terra, quindi i prossimi giorni saranno tesi. L'IDF stima che i combattimenti nella zona settentrionale della Striscia di Gaza danneggeranno le infrastrutture esistenti di Hamas mentre questa tenterà di ripristinare le infrastrutture terroristiche. Secondo fonti dell'IDF, "in alcuni luoghi l'IDF non manovra sul terreno, così Hamas si è organizzato in forze che sanno come lanciare un attacco, che devono ora essere affrontate. Inoltre non c'è il 100% di successo in nessuna manovra, quindi Hamas riesce a ricostruire in parte ciò che perde sotto le rovine dei pozzi di lancio dei razzi.”
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In occasione della celebrazione dei soldati, poliziotti e agenti dell'Intelligence che sono caduti per la difesa e la sicurezza dello Stato di Israele e del popolo ebraico nel suo insieme, in Eretz e in Golà pubblico uno stralcio del mio romanzo Am Groner Freibad N. 5 *** Il reparto di neurologia e psichiatria dell’ospedale militare era fra tutti i reparti che ospitavano e curavano i militari in servizio o in congedo il più penoso... da qualsiasi punto di vista lo si volesse guardare. La maggior parte delle persone che venivano seguite erano veterani di tutte le guerre di Israele, persone che avevano subito traumi psicologici di origine bellica, reduci da prigionie più o meno lunghe e vittime di torture, più o meno gravi. Anche se le ferite fisiche si erano rimarginate e guarite, quelle che avevano segnato l’anima non avrebbero mai dato pace a quegli uomini vittime di ciò che erano stati obbligati ad essere o a fare. Terribili episodi delle loro esistenze tornavano alla memoria continuando a rendere infernale il resto delle loro vite. La maggior parte dei pazienti venivano seguiti a distanza e portavano avanti, nei limiti del possibile, una vita normale, ma quando ne sentivano il bisogno si facevano aiutare con farmaci o lunghissime sedute di terapia per superare i momenti di crisi. C’erano però anche gli altri, quelli che invece erano ricoverati nel reparto, quelli che aveva visto passeggiare in corridoio e che a causa dei gravi danni che avevano riportato nella psiche non sarebbero mai più riusciti a integrarsi nella vita degli uomini normali. Avevano completamente perso la ragione, erano morti che respiravano... addormentati in preda agli incubi, persone schiave della loro mente in una gabbia senza fine. Per loro non c’era mai stata nessuna tregua, neanche un semplice cessate il fuoco e la parola pace non aveva alcun significato… per loro non ci sarebbe più stata pace. Erano i monumenti viventi alle guerre di sopravvivenza che Israele ha dovuto e deve ancora affrontare, erano i testimoni della sofferenza di un’intera nazione, erano la prova finale di quanto la stupidità umana possa essere pericolosa tutte le volte che crede di poter risolvere le controversie con la forza. Quei ricoverati erano una memoria silente e indecifrabile che sarebbe andata persa per sempre nel giorno della loro morte. Una delle infermiere, mentre cambiava le lenzuola al suo letto, gli aveva raccontato le storie di alcuni di loro, storie che si tramandavano nel tempo, di bocca in bocca, ogni volta che il personale infermieristico veniva sostituito dalle nuove leve. Gli addetti ai lavori cambiavano, ma le storie rimanevano lì, insieme ai protagonisti, fino al loro ultimo giorno. Fra un cambio di lenzuola e uno di asciugamani Ruben venne a sapere che il signore più anziano, quello che stava sempre seduto sotto la finestra, rivedeva in continuazione fluttuare nell’aria l’aereo inglese colpito dalla contraerea egiziana nel 1956. Lo vedeva inclinarsi e poi picchiare a terra in una palla di fuoco. L’infermiera gli raccontò anche che l’uomo con la barba incolta che andava avanti e indietro al centro del corridoio, non era mai uscito dal bunker dal quale aveva combattuto nel 1973. Bunker che gli era crollato addosso e che lo aveva tenuto sepolto per tre giorni... e come loro ce n’erano altri, ognuno con la sua storia. Gli ospiti del nosocomio avevano tutti la stessa caratteristica, occhi vacui persi nel passato, occhi vacui senza più un presente né un futuro, occhi vacui che si guardavano senza vedersi. Gli ospiti dell’ospedale erano persone che stavano insieme senza tenersi compagnia. Chissà quanto c’era di vero in quei racconti e quanto invece era stato romanzato a ogni cambio di personale, ma non avendo alcun modo per controllare Ruben prese per buono tutto quello che la donna gli disse, e la lista, purtroppo, era molto lunga.
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Due dei pazienti erano lì fin dalla guerra dei sei giorni del 1967 e altri tre dalla guerra dello Yom Kippur del 1973, ma la cosa che gli fece se possibile ancora più male, fu scoprire che fra i ricoverati in lunga degenza c’erano anche alcuni ex militari che avevano combattuto in Libano negli stessi anni in cui lui aveva prestato servizio. Questo lo convinse che doveva fare di tutto per farsi aiutare a uscire da quelle crisi improvvise, un deterioramento della situazione avrebbe anche potuto portarlo a essere rinchiuso per sempre in uno di quei posti maledetti. Anche se uscivano raramente dalle loro stanze, e quando lo facevano erano accompagnati dagli infermieri Ruben, nella lunghissima settimana in cui fu ricoverato, ebbe modo di conoscere uno di loro e riuscì anche a scambiarci qualche parola. In quel luogo il famoso proverbio vedere per credere non poteva avere applicazione più veritiera. L’uomo con il quale Ruben riuscì a parlare, si chiamava Amos, aveva circa sessantacinque anni ma, a vederlo, sembrava essere nato qualche secolo prima. Per ironia della sorte non era stato neanche ferito dal fuoco nemico e il suo trauma psichico era dovuto a un gesto di profondo coraggio e amore per i suoi commilitoni. Secondo i rapporti presentati al comando, in base ai quali ad Amos vennero assegnate diverse onorificenze militari, quel vecchio di sessantacinque anni era un vero eroe. Il sette giugno del 1967, il secondo dei sei giorni che caratterizzarono quella guerra, Amos era a bordo del suo carro M4 Sherman. Come ufficiale di bordo si trovava in torretta e aspettava alla radio l’ordine di attacco quando un razzo sparato da una postazione egiziana colpì in pieno uno dei carri che faceva parte del suo gruppo. Dopo aver dato ordine di cannoneggiare verso la postazione che aveva fatto fuoco aprì il portellone, scese dal suo carro e si arrampicò su quello colpito, voleva aiutare l’altro equipaggio a uscire da quell’infuocata scatola di lamiera. Riuscì ad aprire il portello del carro colpito a prendere sulle spalle uno degli uomini e a sdraiarlo in terra abbastanza lontano da non essere investito da un’eventuale esplosione e poi corse di nuovo verso il carro colpito nella speranza di portare qualcun altro in salvo. Si infilò addirittura all’interno dell’abitacolo, che nel frattempo era stato circondato dal fuoco, e riuscì a recuperare il corpo di un altro membro dell’equipaggio. Con la divisa in fiamme lo trascinò e lo sdraiò in terra accanto al primo senza rendersi conto che i suoi commilitoni gli stavano spruzzando addosso il liquido antincendio dagli estintori per spegnere il fuoco che lo aveva avvolto, sembrava una torcia umana. Stava per buttarsi tra le fiamme per la terza volta quando il carro colpito esplose. Lui era come impazzito e non si era neanche reso conto di essere seriamente ustionato. L'evento che lo segnò in modo indelebile avvenne nel momento in cui si girò verso gli uomini che pensava di aver salvato e guardandoli bene si rese conto di essere riuscito a estrarre niente altro che corpi carbonizzati. In quel momento qualcosa in lui si ruppe e da allora, erano passate decine di anni, non si era più ripreso. Aveva nel corpo i segni delle ustioni, larghe chiazze di pelle che si era sciolta e poi raffreddata, pochi ciuffi di capelli e le sopracciglia completamente cancellate, ma ciò che faceva più pena di quell’uomo, di quell’eroe per caso, erano le ustioni mai guarite, quelle dell’anima, quelle che lo avrebbero tenuto per tutta la vita inchiodato ai ricordi e schiavo dei medici e delle medicine.
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L’ex consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump, John Bolton: Israele deve invadere Rafah” L’ex consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump, John Bolton, è stato intervistato ieri sera dal Times e ha espresso pieno sostegno a Israele e ha affermato che Israele deve invadere Rafah e occuparla. "Spero che Israele vada avanti e invada Rafah. L'unico modo per Israele di vincere è entrare lì ed eliminare tutte le capacità militari e politiche di Hamas. Penso che abbiano aspettato troppo a lungo per farlo, ora è il momento di farlo. Farlo con tutta la loro forza."
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Alla vigilia del Giorno della Memoria 2024 - Il Ministero della Difesa aggiorna il numero dei martiri israeliani dal 1860 a oggi: 25.040 La cifra comprende i cinque soldati dell'IDF uccisi nelle battaglie a Gaza questo fine settimana e un altro soldato ucciso in un incidente stradale. Dal Giorno della Memoria del 2015 ad oggi, al numero dei caduti si sono aggiunti 766 martiri e altri 61 morti a causa della disabilità causata dalle ferite riportate in servizio e riconosciuti dunque come caduti per la sicurezza di Israele. 716 eroi israeliani sono caduti durante la guerra delle "Spade di ferro", dei quali 642 caduti dell'IDF inclusi 39 membri delle unità di riserva, 68 caduti della polizia israeliana e 6 caduti dello Shin Bet.
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USA, PRESIDENTE BIDEN: "SE HAMAS LIBERA GLI OSTAGGI CESSATE IL FUOCO DOMANI" Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che un cessate il fuoco nella guerra tra Israele e Hamas è possibile "domani" se il gruppo militante rilascia i suoi ostaggi. "Ci sarebbe un cessate il fuoco domani se Hamas rilasciasse gli ostaggi", ha detto Biden durante una raccolta fondi fuori Seattle, a casa di un ex dirigente della Microsoft, dopo aver evitato l'argomento in tre eventi simili ieri. #trattative #tregua #cessateilfuoco #pace #Hamas #Gaza #palestinesi #terrorismo #violenza #brutalità #ostaggi #stupri #crudeltà #bambini #dirittiumani #diritticivili #BringThemHome #7Ottobre2023 #terrorismopalestinese #criminidiguerra #comeinazisti #terrorismoantisraeliano #terrorismoantisemita #strage #massacro #terrorismoislamico #nessunagiustificazione #odiopuro #antisemitismo #odioantisemita #Israele #HamasISIS #HamasIsISIS
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Repost from Lion Udler
#Israele #Gaza #USA #Trump davanti a circa 80.000 persone durante un comizio elettorale nel New Jersey:
La decisione di #Biden di sospendere gli aiuti per la sicurezza a Israele è uno dei più grandi tradimenti nella storia di un alleato degli Stati Uniti. Io appoggio il diritto di Israele di vincere la guerra contro il terrorismo. Non so se questo sia il passo politico giusto, ma è il passo giusto.
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Eden Golan ha vinto il 5° posto all'Eurovision, la Svizzera il 1° posto. I risultati dell'Eurovision di stasera mostrano il divario tra le élite europee e il popolo. I giudici hanno eliminato ogni possibilità di vittoria di Israele…dandole il quinto posto. Ma il voto pubblico ha catapultato Israele in vetta. Fosse stato per il solo pubblico, avrebbe vinto. "Sono così orgogliosa di dove siamo arrivati! Orgogliosa del privilegio che mi è stato dato di rappresentare il mio paese con onore e orgogliosa di essere colei che è stata inviata in questa missione quest'anno. Non dimentico per un momento i nostri ostaggi e dedico la mia partecipazione alla competizione per loro. Israele vive", ha detto Eden dopo la competizione.
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Secondo resoconti arabi, nelle ultime ore l’IDF ha effettuato più di un centinaio di attacchi nel campo di Jabalia.
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Documentazione di alcuni terroristi uccisi oggi in un attacco di artiglieria a Rafah Est, nel quartiere di Al-Salem.
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