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Antonio Di Siena

Allevatore di pulci nell’orecchio e sollevatore di ipotesi. Occasionalmente anche scrittore e blogger. Sempre comodamente seduto dalla parte sbagliata.

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RGR ARGOMENTI ANTONIO DI SIENA - GRECIA: RITORNO A MITSOTAKIS Con un'astensione al 48%, l'ex capo del governo, Kyriakos Mitsotakis, riconquista la Voulì ellenica pronto a lanciare l'ennesimo programma di riforme, dopo aver scommesso elettoralmente sul senso d'insicurezza dei greci mentre varava imponenti liberalizzazioni e attaccava il già fragile Welfare nazionale in nome dei diktat dell'UE. Dall'altra parte, Syriza, ancora gravata dal peso del tradimento del 2015, s'inoltra definitivamente sul viale del tramonto e, fra le formazioni minori, spunta la navicella di Plefsi Eleftherias, guidata da Zoi Konstantopoulou sotto le vele di un radicalismo anti-establishment ancora tutto da sondare. Del quadro delineatosi dopo le elezioni del 25 giugno parliamo con Antonio Di Siena, responsabile delle Edizioni L'AntiDiplomatico, profondo conoscitore della situazione greca e autore del libro "Memorandum. Una moderna tragedia greca". 👉🏻 CLICCA QUI PER GUARDARE LA PUNTATA 👉🏻 CLICCA QUI SE PREFERISCI GUARDARE SU YOUTUBE 🟥 Segui Giubbe Rosse Telegram | Portale web | Ultim'ora | Twitter | Instagram | Truth Social | Odysee
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GRECIA: RITORNO A MITSOTAKIS - ANTONIO DI SIENA

Con un'astensione al 48%, l'ex capo del governo, Kyriakos Mitsotakis, riconquista la Voulì ellenica pronto a lanciare l'ennesimo programma di riforme, dopo aver scommesso elettoralmente sul senso d'in...

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Mentre i popoli europei vengono trascinati in un baratro sempre più profondo di povertà, assenza totale di prospettive e guerra mondiale un collettivo di hipster della capitale imperiale progetta la “borsa” più piccola del mondo, meno di un centimetro. E trova pure qualcuno disposto a spendere 63mila euro per comprarla. La società capitalista è affetta da un’incurabile patologia psichiatrica. Prima la superiamo meglio staremo tutti. Il punto è rendersi conto dell’urgente necessità e agire di conseguenza.
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Monaco di Baviera, Pride 2023. Il cantante ucraino Melovin intona "Batko nash Bandera" (“Nostro padre è Bandera") popolare canzone dedicata a Stepan Bandera. Il gerarca neonazista dell’UPA che sognava la creazione di una nazione monoetnica, popolata cioè da una razza ucraina "pura". Ideologia culminata con i massacri di Volinia e Galizia orientale del ‘43. La gigantesca operazione di pulizia etnica costata la vita a 100mila ebrei polacchi, in massima parte donne e bambini, molti dei quali torturati, stuprati e poi smembrati o bruciati vivi. E la comunità LGBT stipata sotto il palco di Marienplatz canta insieme a lui. Apoteosi. [Video proveniente dalla pagina Instagram ufficiale, https://www.instagram.com/reel/Ct6uyzGLeOO/?igshid=NTc4MTIwNjQ2YQ== ]
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Dice Briatore che i figli dei falegnami non devono studiare ma continuare a fare lo stesso lavoro del padre. Per questo continuerò sempre a difendere l’URSS. Perché lì i figli dei falegnami diventavano il primo uomo ad andare nello spazio.
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In estrema sintesi. Quelli come Seydou Doumbia non potranno più scegliere il loro numero di maglia preferito. Gli ucronazi con le svastix tatuate addosso invece potranno serenamente continuare a combattere con le nostre armi in nome della democrazia. Se non ci vedete un metodo scientifico funzionale a distrarre l’opinione pubblica dal rischio terza guerra mondiale siete semplicemente parte del problema.
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La Meloni vara la riforma del codice della strada e si inventa “alcolock", un etilometro che tutti i condannati per guida in stato di ebrezza dovranno obbligatoriamente installare sulla propria auto. Si soffia dentro e se il tasso alcolemico non è pari a zero il dispositivo blocca la centralina e non fa avviare il motore della macchina. Una manna dal cielo per milioni di disoccupati meridionali, prossimamente stabilmente occupati a lavorare di sera come soffiatori conto terzi.
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Ricapitoliamo. La lingua italiana prevede due generi, il maschile e il femminile, e 26 lettere. Il neutro non esiste come non esiste la schwa. Pertanto ficcarcela in un tema agli esami di stato è un errore. Non una rivendicazione politica, per quelle esistono eventualmente gli argomenti. Ma mi rendo conto che se ne si è privi è molto più pratico usare dei simboli distintivi di valore assoluto. Insomma è un po’ come se negli anni ’70 qualche maturando comunista e capellone si fosse limitato a vergare il foglio con una falce e martello perché tanto a rivoluzzzione nun c’ha bisogno de spiegazzzzioni.
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Che la CGIL facesse schifo era cosa arcinota. Che il suo segretario invochi il MES, lo strumento di morte che ha devastato la Grecia, è però qualcosa che va anche oltre l’indignazione. Perché qua le cose sono due: o il principale sindacato italiano non ha la benché minima idea di come stracazzo funzioni il meccanismo europeo di stabilità, il che lo rende meno utile di un freezer per una famiglia di esquimesi. Oppure la CGIL è un covo di servi al servizio dei più biechi potentati finanziari internazionali. Non c’è una terza possibilità. Con buona pace degli iscritti ottusamente in buona fede. Consiglio loro di stracciare la tessera, perché in entrambi i casi, quando poi arriverà la Troika, il loro bel sindacato “rosso” non sarà in grado manco di chiamargli il prete. Buonanotte.
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Telegrafico sulle elezioni greche. Come ampiamente preventivato Mitsotakis stravince e Tsipras straperde in modo ignominioso prendendo addirittura meno voti del 22 maggio. Ma questo già si sapeva da un mese. Le cose interessanti sono altre. Il Pasok è ufficialmente resuscitato, a dimostrazione del fatto che il tradimento di Syriza ha di fatto ri-normalizzato gran parte dell’elettorato greco. Ma la voglia di radicalità e sopratutto di cambiamento restano fortissime nella società, il KKE sfiora infatti l’8%. Ma il dato più interessante in assoluto, la vera sorpresa delle sorprese, è Πλεύση Ελευθερίας (Libertà di navigazione) che supera il 3% nonostante la correzione maggioritaria ed entra in parlamento. Un risultato davvero sorprendente, anche perché riesce a battere la concorrenza di Mera25 (il partito di Varoufakis) che rimedia un misero 2,5%. Perché sono sorpreso? Perché quello guidato da Zoi Konstantopoulou è un partito praticamente sconosciuto che in Italia si definirebbe agevolmente populista e anti sistema (lo slogan è piuttosto eloquente “non guardiamo né a destra né a sinistra, guardiamo al futuro") ma con una fortissima connotazione di sinistra (i suoi fondatori provengono principalmente da “Unità popolare”, l’ala sinistra che uscì da Syriza). La sua peculiarità è un programma estremamente radicale: schiettamente anti liberista e anti-Ue, fortemente statalista e a favore di nazionalizzazioni massicce, sostenitore della democrazia partecipativa e della democratizzazione della giustizia (tribunali con giurie miste) e promotore di provvedimenti di confisca dei beni per tutti i banchieri e politici che hanno appoggiato i memorandum. In più è molto critico verso le restrizioni pandemiche e contrario alla vaccinazione obbligatoria anti-covid. Ma in un modo molto differente da come si aspetterebbero gli sciroccati nostrani, perché in campagna elettorale si sono espressi più volte per campagne di sensibilizzazione sull’utilità dei vaccini in generale e a favore della vaccinazione volontaria. Un distinguo utilissimo per ottenere la fiducia degli elettori dotati di buon senso e al contrario per allontanare gli estremisti che in dote non portano null’altro che il loro manicheismo. Come volevasi dimostrare quindi: la radicalità paga. Perché intercetta un disagio sociale sempre più dilagante. Prova ne è il ritorno di Alba Dorata che sotto falso nome (perché dichiarata fuorilegge) incassa quasi il 5%. Perché la pandemia ha sconvolto il nostro mondo per tre anni ma non ha di certo cancellato tutto ciò che è avvenuto prima in termini di eventi, pericoli ed elaborazioni politiche. Credo sia il tempo di ricordarselo e agire di conseguenza.
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Così come la colonna della Wagner che puntava su Mosca con un numero imprecisato ma limitato di uomini e veicoli non ha stranamente incontrato quasi nessuna resistenza ma si è fermata poco prima di penetrare nell’area della regione della capitale dove il sistema di sicurezza russo avrebbe imposto ai contractors di combattere. Molti aspetti della vicenda che ha tenuto il mondo col fiato sospeso nelle ultime 24 ore non sono noti e forse non lo saranno mai. Di certo Wagner ha svolto un ruolo fondamentale per gli interessi strategici russi in Siria e in Africa e sui campi di battaglia del Donbass ma era diventata troppo ingombrante per Mosca e per il Cremlino e gli atteggiamenti di sfida aggressiva di Prigozhin ai vertici della Difesa non erano più tollerabili neppure per il suo vecchio amico Putin. Difficile dire chi abbia vinto e perso in questa vicenda. In Occidente l’approccio di politici, analisti e media (con qualche bella eccezione) resta per lo più quello da “curva sud” dello stadio, in cui le valutazioni che emergono sono sempre filtrate attraverso l’ostilità manifesta verso la Russia e Putin e il tifo sperticato per l’Ucraina. Pur comprendendo che tale deriva basata sulla propaganda livorosa e fine a sé stessa appare purtroppo irreversibile, non sembra scontata la valutazione che dal “golpe Prigozhin” la figura di Putin esca indebolita. Anzi, forse è vero il contrario. Esiliato Prigozhin e ridimensionata la Wagner, Putin oggi può gestire con calma anche il rinnovo dei vertici militari: il generale Surovikin piace alle truppe che combattono in Ucraina e potrebbe rimpiazzare Gerasimov mentre una figura più politica e meno militare potrebbe avvicendare Shoigu. In tutta la Russia la risposta alla sollevazione di Prighozin è stata unanime e ha riguardato comunità civili e reparti militari: abbiamo un solo comandante in capo! Putin quindi sembra uscire rafforzato in credibilità e popolarità da questa vicenda in cui appare come il leader che ha dato la priorità a non sacrificare vite russe e si è mostrato magnanimo con il vecchio amico che ha tradito la patria dopo averla però servita con valore. Solo nelle prossime settimane potremo forse valutare in modo più completo impatto e conseguenze del sollevamento della Wagner che ha generato perplessità e confusione anche in Occidente. Basti pensare che, come svela oggi il Wall Street Journal, il dipartimento di Stato americano ha deciso di rinviare l’adozione di nuove sanzioni contro la PMC Wagner per le sue attività in Africa per non aiutare indirettamente Putin. “Washington non vuole che sembri che stia prendendo posizione”, ha spiegato una fonte informata. Gli USA hanno già in passato sanzionato il Gruppo Wagner e puntano a “isolare e indebolire la crescita di Wagner in Africa”, ha spiegato Cameron Hudson, ex capo dello staff dell’inviato speciale statunitense per il Sudan. “Ma continuare ora questa strategia mette Washington nella difficile posizione di aiutare Putin”.
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