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Cronache Ribelli

Cronache Ribelli è un progetto narrativo di rinnovamento della narrazione storica. Raccontiamo la storia degli ultimi. 📚Sito e shop: cronacheribelli.it 👍Facebook: Cronache Ribelli 📷Instagram: Cronache Ribelli Mail: [email protected]

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Paolo Secchiari, il padre, nacque a Gragnana, frazione di Carrara, nel 1865. Fin da giovanissimo si avvicinò alle idee anarchiche che, in quell’area della Lunigiana, si diffusero rapidamente tra i lavoratori del marmo. Lui, umile pastore, trasmise ai figli questi ideali e partecipò attivamente ai movimenti di lotta contro il governo Crispi che infiammarono la regione alla fine dell’Ottocento, venendo arrestato insieme ai fratelli. Da allora in poi Paolo sarà tenuto sotto osservazione dalle pubbliche autorità, ma gli anni peggiori inizieranno con la comparsa del fascismo sulla scena politica. Nel 1921 il circolo anarchico di Gragnana viene attaccato dai fascisti che picchiano numerose persone. Secchiari non si piega e così iniziano a perseguitarlo. Gli disperdono il gregge, gli gettano il latte e distruggono il formaggio. Poi il 6 agosto 1925 durante l’ennesima aggressione, i fascisti percuotono selvaggiamente anche sua moglie Giselda, che non si riprenderà mai dalle ferite riportate e morirà. Anche due dei suoi figli, Santino e Ceccardi, vennero uccisi in quegli anni: dopo l’ennesima violenza subita dai genitori, erano andati a vendicarli e avevano aggredito a coltellate uno dei fascisti che aveva picchiato la madre. Intercettati in due momenti dai carabinieri, saranno uccisi in scontri a fuoco. Dante, altro fratello, sarà invece incarcerato per diversi anni. Anche Silvia, loro sorella, subirà le conseguenze della sua fiera opposizione al fascismo. Malmenata ripetutamente dagli squadristi, rimase infine paralitica. Ma nonostante la disabilità non si piegò mai e continuò a manifestare i propri ideali, diventando un simbolo vivente di lotta. L’ultimo dei figli di Paolo Secchiari, Arturo, dopo l’Armistizio entrò nella Resistenza, all’interno della formazione Elio operante nella zona di Carrara e partecipò alla liberazione della città. Insieme a Dante, al padre e a Silvia sopravvisse alla guerra e al regime. Quest’ultima, seppur di umili origini e di basso grado di scolarizzazione, scriverà una toccante poesia per celebrare la fine del Ventennio, di cui qui riportiamo una parte. "Credevano che il fascio fosse in eternità E invece è un passaggio ch’è venuto e se ne va Non ci sarà una testa che vi perdonerà Le tante malefatte fino all’eternità."
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Era giovanissimo, Clément. Aveva 19 anni ed era originario di Brést, importante città della Bretagna occidentale. Un porto attivissimo che i numerosi lavoratori portuali hanno trasformato in una roccaforte dei movimenti e delle lotte. E dell’antifascismo. Quell’antifascismo che Clément si porterà dietro quando andrà a studiare a Parigi. Era anche un ragazzo dalla corporatura abbastanza minuta, sia di costituzione sia perché aveva affrontato - guarendo - una brutta leucemia, che lo aveva debilitato nel fisico ma non certo nella mente. Quel 5 giugno del 2013 Clément era con alcuni compagni in un negozio di abiti usati quando si imbatté improvvisamente in alcuni coetanei affiliati ai Jeune nationaliste revolutionnaire, un gruppo di estrema destra facente parte della grande galassia della destra eversiva francese, la quale strizza volentieri l’occhio al Front National. Clément e i suoi amici li riconoscono, partono le provocazioni e gli insulti ma alla fine i due gruppi si separano. Escono per primi gli antifascisti, che iniziano a dirigersi verso la metropolitana. Un addetto alla sicurezza del negozio, quando stanno per uscire gli altri, indica loro di andare in direzione opposta per non avere problemi. Loro invece seguono Clément e gli altri perché, come diranno in seguito, vogliono “evitare di farsi prendere alle spalle”. Quello che accadde negli istanti successivi venne dibattuto a lungo. Secondo i JNR furono gli antifascisti a tornare indietro per affrontare i rivali, i quali ribadiscono come la loro intenzione fosse di andare a prendere la metro e tornare a casa. Fatto sta che qualcuno raggiunse Clément e lo insultò. In brevi istanti partirono dei colpi. Clément rimase a terra: finirà in coma e morirà il giorno successivo. Secondo molti i colpi vennero sferrati utilizzando un tirapugni, circostanza confermata e smentita da diverse testimonianze, ma di cui uno dei responsabili si vanta via SMS, giustificandosi sulla base dell’“euforia” del momento. I tre responsabili della morte di Clément sono Esteban Morillo, di origine andalusa, Samuel Dufour et Alexandre Eyraud, tutti sui 20 anni. Nella loro vita privata, l’affiliazione all’estrema destra e un fascino indiscusso per Hitler e per la Germania nazista. E la negazione di questa vicinanza alle idee naziste al momento del processo, che terminerà con la condanna a 11 e 7 anni per Morillo e Dufour e l’assoluzione per Eyraud. In questi anni tanto, troppo si è detto sulla sorte di Clément Méric. Nella sua storia vi è però una chiara certezza: la sua morte fu la conseguenza dei colpi ricevuti il 5 giugno 2013 da 3 ragazzi appartenenti a un gruppo di estrema destra francese. La sua morte, soprattutto, fu la conseguenza del suo antifascismo.
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Se siete a Roma, questa sera non prendete impegni! Alle 20.30 interverremo con una nostra presentazione sulla Resistenza nell'evento Ugo e Noi, in memoria di Ugo Forno. Alle 22 presenteremo inoltre il talk "Letteraturap" con Murubutu, rapper e professore di storia e filosofia.
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Il 29 maggio del 1949 un gruppo di anarchici spagnoli, resistenti antifranchisti, varcano il confine dei Pirenei, entrando in Spagna clandestinamente dalla Francia. A guidarli, come decine, forse centinaia di altre volte, c’è Francisco Denis Diez. Francisco è anche lui in esilio in Francia, dalla fine della guerra civile e dall’inizio della dittatura di Franco. Ma la lotta non finisce con l’esilio. Catalá, questo il soprannome di Francisco, che ha vissuto per anni a Barcellona, è un anarchico e un sindacalista, membro del sindacato dei trasporti, e allo scoppio della guerra civile ha deciso di imbracciare le armi e combattere, diventando un importante commissario nella Colonna Durruti. Con la vittoria dei franchisti, Francisco fu tra i tanti costretti all’esilio, ma fu anche tra i tanti che non vollero smettere di lottare. E quale migliore contributo alla lotta, per un anarco-sindacalista con alle spalle una vita nel sindacato dei trasporti, se non aprire varchi attraverso i Pirenei, attraverso cui far passare decine di compagni della resistenza? In dieci anni Francisco fece entrare in Spagna decine di anarchici antifranchisti, tra cui anche “El Quico” Sabaté Llopart, alimentando così la resistenza al regime. Quello del 29 maggio 1949 fu però il suo ultimo viaggio. Catturato il 3 giugno dalle autorità franchiste nei pressi di Gironella, si trovò suo malgrado ad essere per una volta trasportato, ma verso una caserma, quella di Lerida. Caserma che però Francisco non vedrà mai. I franchisti lo avrebbero torturato, cercando di estorcergli informazioni sui compagni della resistenza, e Francisco Denis Diez, Catalá, l’anarco-sindacalista, il guerrigliero, la guida dei Pirenei, preferì ingerire una capsula di cianuro, morendo per la resistenza antifranchista quello stesso 3 giugno 1949.
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La nostra seconda maglietta del 2024 celebra i moti di Stonewall, ovvero la sollevazione della comunità LGBTQ+ contro la violenza e le discriminazioni delle istituzioni di New York. Per accompagnare questa data abbiamo scelto una frase di Marsha P. Johnson, che insieme a Sylvia Rivera e Stormé DeLarverie ha dato inizio alla rivolta: "You never completely have your rights, until you all have your rights", traducibile con "Non avrete mai tutti i vostri diritti, se non avranno tutti i vostri diritti.” Questa frase ha un significato importante, perché ci ricorda come sia giusto unire le lotte e rivendicare tutti i diritti per tutti gli individui oppressi per classe sociale, per genere, per “razza”, per identità, orientamento sessuale e via dicendo. Indossare questa maglia significa, quindi, portare avanti questo messaggio. La trovate qui: https://bit.ly/454tvXL
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Maglietta 28 giugno - Moti di Stonewall - You never completely have yo

Indossiamo frammenti di storia affinché possano camminare anche nel presente gli ideali e le pratiche che hanno cambiato il mondo.  Questo è l’obiettivo delle nostre capsule “stoffe ribelli”. La seconda maglietta è dedicata ai moti di Stonewall, punto di partenza delle lotte LGBTQ+, ricordati tramite una frase di Marsh

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Lascia stare i nostri morti, vigliacco. Sì tu, generale, sei un vigliacco, perché prima corteggi con le tue provocazioni la parte più schifosa di questo paese, e poi fingi di non sapere di cosa sta parlando. Il ragazzo nella foto, invece, quello col cartello “Aveva tentato con le armi di colpire la Decima” è un eroe. Si chiamava Ferruccio Nazionale, era ragazzo di ventidue anni, un operaio, un partigiano della 76ª Brigata Garibaldi. Il 29 luglio 1944 Ferruccio cercò di uccidere don Augusto Bianco, cappellano militare della X MAS e criminale di guerra, noto per intimorire le famiglie dei partigiani e per spingere le persone alle delazione tramite minacce o altri mezzi. Ferruccio fu preso prima di poter scagliare la bomba che aveva in mano. Torturato e mutilato (secondo alcuni resoconti gli tagliarono la lingua), Ferruccio fu ucciso e poi impiccato con i piedi legati dal filo di ferro dai militi della X MAS i quali, cantando giovinezza, costrinsero i passanti a guardare. Chi inneggia alla X MAS inneggia a questi servi dei nazisti, vigliacchi capaci soltanto di fare la guerra dietro i pantaloni delle SS e della Wehrmacht. Generale ci fai vomitare, ma più schifo ci fanno le istituzioni di questo paese le quali, nate dal sacrificio di persone come Ferruccio Nazionale, hanno riempito le caserme prima di criminali di guerra mai pentiti e poi di omuncoli come te, che ogni giorno, protetti dalla propria divisa, infangano la memoria di uomini e donne che hanno versato il sangue per un ideale. Ideale, qualcosa che quelli della tua risma non sanno nemmeno cosa sia. Se questo paese avesse un pizzico di memoria, in ogni caserma, in ogni scuola e in ogni ufficio ci sarebbero immagini di persone come Ferruccio, di fronte a cui tutti devono abbassare la testa. E allora te lo ripetiamo, lascia stare i nostri morti perché noi non smetteremo mai di difenderli, costi quello che costi. Cronache Ribelli
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