the boy who lived
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Non mi è mai sembrato di chiedere molto, ho semplicemente desiderato di sentirmi accettato, accolto, protetto, ben voluto. È troppo? Non lo so, non mi interessa. È quello che mi spetta, che ci spetta.
Sbaglio? Forse. Però è quello che credo sia giusto, d'altronde non sto facendo del male a nessuno, anzi, forse sono io quello che per troppo a lungo ha sofferto, ha represso, ha taciuto. Sono un essere umano e come tutti mi innamoro, mi illudo e molto altro. Solo perché le farfalle nelle stomaco me le fa venire un altro ragazzo merito di essere trattato come una nullità? Un deviato?
Una bestia da macello? No. Non è corretto.
Quando ero adolescente ho serrato nell'oblio la mia personalità, non sapevo del male che mi stessi facendo.
Ero sicuro che prima o poi sarebbe passato tutto, che sarebbe stata una fase momentanea e che la mia vita sarebbe stata caratterizzata dalla classica famiglia del mulino bianco alla io "e vissero felici e contenti".
Nessuno sa delle notti insonni perse a rigirarmi nel letto per la paura del giudizio che puniva il mio benessere e che mi impediva di respirare, perché non ero in grado di accettare la mia omosessualità. Per troppo tempo ho represso quella parte di me che bramava di venire fuori, di uscire allo scoperto, senza tuttavia riuscirci per molti anni e, quando questa sprigionava luca propria, facendosi strada tra le tenebre in cui mi ero imposto di vivere, venivo accusato di essere frocio, checca, femminuccia, perché sì, queste erano le parole più gettonate quando si trattava di deridermi, e a farlo non erano passanti, sconosciuti ma quelli che spesso consideravo miei amici. Gli altri diranno che altro non erano che bravate adolescenziali... sì, però hanno un evitabile peso che incombeva, incombe e incomberà su di me. Lo spettro di questi insulti è indissolubilmente legato alle corde più flebili, fragili e intime del mio cuore.
Ho lottato, ho preso coraggio e alla fine ho vinto: oggi mi guardo allo specchio e mi vedo orgoglioso del fanciulletto che ero e che mai ha demorso, cercando sempre la strada che si meritava di percorrere.
- Alessio
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