Poste futuro certo
La nuova inchiesta di
@ReportRai3 è dedicata alla più grande società di servizi del nostro Paese,
Poste Italiane. Che è anche la nostra cassaforte, la cassaforte degli italiani, considerato che
gestisce 498 miliardi dei risparmiatori. Solo che ultimamente più che parlare di francobolli e di pacchi, è più facile che parlino di prodotti finanziari, di
investimenti in fondi immobiliari, di polizze vita. E a vendertele sono ex postini, impiegati postali, o giovani consulenti che non hanno alcuna formazione in materia. Questo perché Poste italiane si è di fatto trasformata nella più grande banca del nostro paese.
Oggi se apri la porta a consegnarti al lettera è molto probabile che non sia un dipendente di Poste, ma che sia di una società privata. Questo perché nel 2011, quando si è aperto il mercato ad altri operatori, Poste ha
preferito fare affari con la finanza invece che con i pacchi. Nel 2015 il governo Renzi che cosa ha fatto? Ha avviato la
quotazione di una tranche del 35% del capitale. Si sono buttati dentro i
fondi di investimento, i più grandi, che immaginiamo sono allettati più dai
498 miliardi dei risparmiatori italiani che ha in pancia Poste che dai suoi postini.
A un anno e mezzo dalla quotazione dice l'ad di Poste
Francesco Caio, la caravella Poste Italiane è ancora più forte e naviga veloce verso nuovi traguardi. Malgrado però i risultati tanto positivi, i piccoli risparmiatori sono delusi e il titolo ondeggia
sotto il prezzo di collocamento. La fiducia del mercato non è convinta. E se i piccoli azionisti sono delusi, almeno c’è il sorriso della signora
Mimi Kung, cinese di Taiwan, residenza a Londra. La principale
rappresentante dei fondi in Cda.
Gaetano Bellavia racconta che gran parte dei guadagni arriva dalla finanza. Venti miliardi di ricavi arriva da polizze, la consegna delle poste porta al 10% solo dei ricavi.
Ascoltato in Parlamento,
Caio ha dichiarato: "Il costo totale del servizio universale è circa di
1 miliardo all’anno. È chiaro che nel momento in cui lo Stato ci dà
260, nei 260 milioni noi
non ci stiamo. Di fatto il servizio postale è
totalmente liberalizzato, solo che è una concorrenza che non vuol toccare neanche con il manico della scopa il servizio universale. Perché noi siamo
monopolisti di una sola cosa in Italia:
delle perdite postali". Abbiamo troppe licenze e troppi consorzi dichiara il responsabile di
AGCOM, l'autorità di vigilanza: si veda Vicenza dove Poste deve fare concorrenza ad una miriade di piccole società come Inbox dove si
lavora a cottimo e il postino smista la posta a casa. Il mercato deve essere libero, ma non può
mancare un controllo costante e deciso.
C'è poi la storia dell'accordo tra Poste e
Mediolanum, un evidente conflitto di interesse tra l'azienda pubblica di servizi, diventata sportello bancario, e la banca dell'ex presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi. La sua Mediolanum, anche se non ha sportelli, firma una convenzione con Poste e in un colpo solo una banca privata utilizzando la
rete di una partecipata pubblica, diventa la banca con più presenza di sportelli sul territorio.
Perché non trasformare Poste Italiane nella più grande banca sociale del nostro territorio e utilizzare la sua formidabile rete per distribuire assistenza e servizi a chi ne ha bisogno? Invece Poste che cosa ha fatto in questi anni? Ha tolto le castagne dal fuoco ai governi di turno: ha bruciato milioni e milioni di euro per
aiutare, invano, Alitalia e per
metterli all’interno di un fondo a garanzia di quei crediti malati delle banche che hanno fatto crack. Dall’altra parte ha incassato commissioni dai
risparmiatori che hanno investito nei fondi immobiliari, che oggi hanno perso fino al 90 per cento. "Avremmo voluto sapere qualcosa del futuro di Poste, ma gli interlocutori istituzionali, vecchi e nuovi manager, non hanno accettato di parlare con noi", è il rammarico del conduttore
Sigfrido Ranucci. #Report