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Lo Squillo di Gilberto Trombetta

Canale ufficiale di Gilberto Trombetta, giornalista, esperto di politica economica e segretario del Fronte per la Sovranità Popolare: notizie, politica ed economia.

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«Fare impresa con questa classe politica è come stare su un bus pilotato da una scimmia: la direzione non è mai prevedibile né sicura e le sterzate brusche sono all’ordine del giorno».
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"Ma non c'è rinuncia all'auto di proprietà". Sembra quasi che gli dispiaccia...
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Il 63% dei vantaggi fiscali della flat tax immobiliare (1,5 miliardi di euro )va al 22% più ricco della popolazione. Si conferma la regressività di un provvedimento che anziché favorire le clsssi medie e basse va a vantaggio di quelle più benestanti contribuendo così ad aumentare le disuguaglianze.
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Varrebbe anche la pena ricordare per completezza che il PIL tra il 2020 e il 2023 è aumentato di circa 425 miliardi, le entrate fiscali di oltre 130 miliardi e che il rapporto debito/PIL è sceso di 18 punti percentuali.
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La differenza tra un Ministro delle Finanze di centrosinistra e uno di centrodestra non salta all'occhio. Perché non c'è. Un giorno capirete...
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“I manager delle corporation usano generalmente i buy-back, ovvero gli acquisti delle azioni delle loro società, per gonfiare il rendimento di ogni singola azione (earnings per share, EPS): infatti grazie al buy-back diminuisce il numero di azioni in circolazione e gli utili aziendali vengono spalmati su un numero minore di azioni. Ovviamente questo va a vantaggio degli azionisti e dei manager che hanno opzioni sulle azioni della loro impresa, ma certamente non rafforza il capitale delle imprese. Anzi: molto spesso le imprese si indebitano pesantemente emettendo obbligazioni (acquistate a piene mani dagli istituti bancari) solo per riacquistare i propri titoli azionari che così in borsa aumentano artificiosamente di valore. Il buy-back è tutt’altro che un fenomeno isolato ed eccezionale: al contrario è normale, comune e diffuso, provoca un artificioso aumento dei valori di mercato e contemporaneamente un forte indebitamento e impoverimento delle aziende. Prima del 1981 nel Regno Unito, e prima del 1982 negli Stati Uniti, il buy-back era proibito ed era considerato manipolazione di mercato. Dopo che è stato permesso si è diffuso sempre di più. Nel 2019, secondo le stime di bank of America Merrill Lynch, le aziende hanno speso circa 823 miliardi di dollari per ricomprare le loro stesse azioni. Goldman Sachs stima invece numeri superiori: 940 miliardi di dollari con una crescita del 13% rispetto all’anno prima. Secondo la Banca dei regolamenti Internazionali tra il 2010 e il 2019 le aziende statunitensi hanno distribuito 4 trilioni di dollari di dividendi e 6 trilioni di dollari di buy-back agli azionisti, ovvero 4 trilioni di dollari al netto del costo per l’emissione di azioni, una cifra enorme. Il valore complessivo dei buy-back è triplicato in un decennio. La borsa americana ormai serve più ad arricchire gli azionisti e i manager che a rafforzare le imprese”. Il fallimento della moneta, di Enrico Grazzini
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L'Eurozona è il buco nero dell'economia mondiale.
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I 3 maggiori fornitori di armi di Israele sono USA, Germania e Italia, rispettivamente con quote del 69%, del 30% e del 5%.
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Uno Stato canaglia dedito alla pulizia etnica con l'appoggio della stragrande maggioranza di Paesi Occidentali.
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“Fare impresa con questa classe politica è come stare su un bus pilotato da una scimmia". L’AQUILA – “Ogni volta che il ministro Giancarlo Giorgetti capita davanti a un microfono le imprese italiane cominciano a scricchiolare. E dire che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni dichiarò che non avrebbe disturbato chi produce. La nuova fantasiosa metafora del ministro sul Superbonus 110% paragonato al Vajont, ieri parlava di orticaria, oltre a offendere le vittime di quel disastro, è l’ennesimo insopportabile prologo ad una azione che il Governo mette in atto ogni due mesi per correggere se stesso e le sue stime sui conti pubblici”. Inizia così la dura nota di Gianni Frattale, presidente di Ance L’Aquila, l’Associazione nazionale di costruttori edili, sul decreto Superbonus in discussione che prevede la dilazione in 10 anni dei crediti. “Fare impresa con questa classe politica, per restare in tema di metafore, è come stare su un bus pilotato da una scimmia – incalza Frattale – la direzione non è mai prevedibile né sicura e le sterzate brusche sono all’ordine del giorno. Se l’ultimo sciagurato annuncio, che torna a destabilizzare il mercato, dovesse riguardare anche i crateri sismici, significherebbe fermare le ricostruzioni e amputare i bilanci delle imprese, scaricando su di loro una parte del debito pubblico”. “Ci aspettiamo che la premier, che frequenta sempre molto l’Abruzzo in periodo elettorale, venga a L’Aquila, la città che l’ha eletta, a illustrarci cosa ha in programma su questi nodi vitali per il territorio – sottolinea Frattale – Giorgetti era ministro dello sviluppo economico già dal 2021 col Governo Draghi. Ha avuto tre anni per eliminare questa misura da lui ritenuta nefasta. È paradossale oggi, per noi operatori, subire anche il carico di condanna morale sul Super Bonus e il continuo lancio di stracci tra i partiti che passa inevitabilmente sulle nostre teste e sulle famiglie intrappolate in questo caos normativo”. “Sarebbe preferibile ormai che si eliminasse una volta per tutte l’incentivo e non se ne parlasse più. Si cerchi per il cratere sismico un metodo migliore e meno politicizzato per compensare un buono contributo che, dopo 14 anni, non ha più i parametri per coprire l’aumento dei prezzi. Si chiama adeguamento ISTAT. Si smetta di additare l’edilizia come il gorgo infame che ha ingoiato le risorse dello Stato e aumentato il debito pubblico. La misura ha svolto pienamente la sua funzione di ripartenza dell’economia ferma del dopo Covid, poi avrebbe dovuto essere rimodulata. Ma, in campagna elettorale, faceva comodo a tutti i partiti intestarsi la proroga”. “Se si guardano bene i fatti, il buco nero invece si potrebbe cercare altrove, magari tra i conti secretati dell’invio di armi per le guerre in corso. Si tratta di scelte politiche e, se si ritengono giuste, bisogna avere il coraggio di rivendicarle invece di propinarci una metafora al mese buona per scaricare le colpe”.
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5 anni fa Monti diceva che se avessero vinto i sovranisti (quali?), l'Europa avrebbe rischiato la terza guerra mondiale. Invece com'era prevedibile la terza guerra mondiale la stiamo rischiando per colpa di Governi oscenamente atlantisti, liberali e globalisti.
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A marzo l'Italia ha registrato il 14esimo mese consecutivo di calo della produzione industriale: -3,5% rispetto a marzo 2023 che a sua volta aveva fatto registrare un -3,2% rispetto a marzo 2022. Ci stiamo letteralmente suicidando per Maastricht su ordine di Washington. https://www.istat.it/it/archivio/296891
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‌THE ECONOMIST: “L’ORDINE INTERNAZIONALE LIBERALE SI STA LENTAMENTE SGRETOLANDO”. Il suo crollo potrebbe essere improvviso e irreversibile di Redazione A dispetto del catastrofismo del titolo, un articolo fondamentalmente passatista e tendenzioso, che nasconde la verità nel momento stesso in cui finge di prenderne dolorosamente atto. Se da un lato, infatti, si ammette la fragilità del sistema globale e il rischio reale di un suo irreversibile crollo, dall’altro lo si difende come il migliore dei sistemi finora esistiti, quello che ha permesso a molti paesi del terzo mondo di crescere e ridurre la povertà e ha minimizzato conflitti globali e regionali. Il lettore viene implicitamente invitato a sostenerlo e tenerlo in vita finché possibile. L’alternativa sarebbe infatti peggiore: l’anarchia, “un sistema in cui il più forte ha ragione”. Non si esce, dunque, dal consueto assioma tipico del pensiero neoliberale degli ultimi trenta anni: si vende come “ordine internazionale basato su regole” quello che più propriamente andrebbe definito pax americana. Il declino dell’America e del mondo unilaterale vengono implicitamente paragonati alla decadenza di un grande impero che precede l’arrivo dei barbari. Da “la fine della storia” si è passati, dunque, alla fine dell’età dell’oro. Leggi l'articolo completo 🟥 Segui Giubbe Rosse Telegram | Web | Ultim'ora | Twitter | Facebook | Instagram | Truth | Odysee
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Il motivo dell'attacco incessante al Superbonus da parte del Governo è tutto qui. Non è il supposto debito fuori controllo, non sono le truffe. È una guerra contro la moneta fiscale.
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MORO, UN UOMO “SOLO” CHE POTEVA CAMBIARE L'ITALIA - Che idea ti sei fatto? C’è una linea che unisce l’omicidio di Mattei a quello di Moro passando per la Crisi di Sigonella e che arriva fino ai giorni nostri e che ha come denominatore comune l’aver detto “No” agli Usa. Una vicenda che ricostruiamo a partire dall'omicidio di Aldo Moro insieme a Gilberto Trombetta e Pietro Ratto. ➡️ https://www.byoblu.com/2024/05/09/moro-un-uomo-solo-che-poteva-cambiare-litalia-che-idea-ti-sei-fatto/ ➡️ 💙Sostieni il nostro lavoro: Abbonati a Byoblu, la TV dei cittadini 👉 https://go.byoblu.com/abbonati_telegram
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DI VINCOLO ESTERNO SI MUORE: IN MEMORIA DI ALDO MORO 46 anni fa, il 9 maggio del 1978, Aldo Moro venne assassinato. Venne assassinato su mandato dei nostri "alleati" (UK e USA su tutti) e col tacito benestare di una buona parte delle istituzioni italiane. Il 16 marzo 1978 la Fiat 130 che trasportava Aldo Moro fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse. Moro venne rapito e, dopo 55 giorni di sequestro, il 9 maggio 1978, venne ucciso. Ma perché le Brigate Rosse ammazzarono Moro? Come spiega Giovanni Fasanella, autore de Il puzzle Moro, «le Brigate Rosse furono gli utili idioti di un disegno internazionale che era un attacco all'Italia e alla politica italiana compiuto con l'apporto di quinte colonne interne». In base a documenti desecretati a Londra e a Washington (e alle acquisizioni della commissione d’inchiesta parlamentare sul caso Moro), è dimostrato come USA e Regno Unito, con la complicità di Francia, Germania e Unione Sovietica, avessero interessi convergenti a fermare Moro. L’omicidio di Aldo Moro costituisce un caso internazionale per eccellenza. Tra gli anni 60 e 70 la politica estera morotea, soprattutto quella mediterranea, e il disgelo tra DC e PCI rappresentarono un pericolo per gli equilibri mondiali. L’Italia andava fermata. A tutti i costi. - “Dobbiamo scoraggiare le iniziative indipendenti del governo italiano nel Mediterraneo e in Medio Oriente”. Nota interna del Foreign Office, 1970. - “Azione a sostegno di un colpo di Stato in Italia o di una diversa azione sovversiva”. Titolo di un documento top secret del governo britannico contro la politica di Aldo Moro, 1976. - “Le ingerenze sono, sempre e comunque, di parte. Tuttavia, nel caso dell’Italia, dobbiamo fare qualcosa di concreto e non limitarci a discutere”. Reginald Hibbert, sottosegretario del Foreign Office con delega alle questioni europee, 1976. - “L’influenza di Moro e Berlinguer sulla politica estera italiana è forte e potrebbe avere serie ripercussioni. [...] Il governo italiano va mantenuto sulla giusta via”. Rapporto dell’ambasciatore britannico a Roma Alan Hugh Campbell, 1977 Aldo Moro, come Enrico Mattei e altri ancora, venne ucciso dal vincolo esterno. Venne ucciso perché con la sua linea politica stava mettendo in discussione il ruolo di colonia che i nostri "alleati" avevano deciso per l'Italia. Oggi in Italia abbiamo una classe politica disposta a scarificare noi pur di rispettare il vincolo esterno (UE, euro e NATO). Oggi, noi cittadini italiani, il nemico lo abbiamo in casa. Come spiegò lo stesso Moro durante la seduta per la Costituzione di martedì 3 dicembre 1946, «si precisa come al singolo, o alla collettività, spetti la resistenza contro lo Stato, se esso avvalendosi della sua veste di sovranità, tenta di menomare i diritti sanciti dalla Costituzione e dalle leggi».
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Merito prevalentemente del margine di interesse causato dalla differenza tra tassi attivi e tassi passivi. Detto in parole semplici i tassi di interesse sui prestiti sono molto più alti dei tassi sui depositi. La gestione del risparmio e dei prestiti (la creazione cioè di moneta) non può essere delegata ai privati.
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Continua intanto nell'impunità generale il tentativo di pulizia etnica da parte di Israele.
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Non contenti di essere già un protettorato americano (o una colonia), abbiamo ceduto ulteriore sovranità a Bruxelles. Al punto che dobbiamo farci autorizzare da altri Paesi un eventuale aumento della spesa pubblica. Dall'Unione Europea non basta uscire, va distrutta per poi cospargere di sale le sue rovine di modo che non rinasca mai più.
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Diminuisce il rischio di povertà ma aumentano i cittadini in condizioni di povertà assoluta (dal 9,1% del 2021 al 9,7% del 2022 e al 9,8% del 2023). Un capolavoro, non c'è che dire.
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Non sarà imminente ma se si pensa che il dollaro è passato dal suo picco massimo dell'84,85% nel 1970 all'attuale 58,41% (un crollo del 31,16%), è evidente che ci sia un lento ma progressivo processo di dedollarizzazione dell'economia mondiale.
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Ovviamente non è vero che il PIL italiano ha superato quello francese visto che il nostro è di 2085,3 miliardi mentre quello francese di 2802,3. Il clamoroso successo sarebbe che il PIL italiano nel primo trimestre di quest'anno è cresciuto di un mirabolante 0,3% contro lo 0,2% francese. Vale la pena ricordare che tra il 2000 e il 2023 il tasso di crescita medio annuale della Francia è stato dell'1,2% (per una crescita cumulata del 31%), quello dell'Italia dello 0,51% (per una crescita cumulata del 12,41%).
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"Benvenuti nell'era complessa", l'incontro con Pierluigi Fagan organizzato dal Fronte per la Sovranità Popolare insieme al collettivo SangioLAB. Mondologia; perché è sbagliato parlare di Occidente; l'Italia nel mondo multipolare; quale democrazia? https://www.youtube.com/watch?v=pqGGui7cOmM&ab_channel=GilbertoTrombetta
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Per problemi di tipo organizzativo indipendenti dalla nostra volontà, siamo purtroppo costretti a rimandare la tavola rotonda prevista inizialmente per sabato 11 maggio a Terni a data da destinarsi. Ci scusiamo con i relatori e con tutti coloro che si erano prenotati per il disguido.
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Bonaccini come al solito apre bocca per darle fiato. La crescita media del PIL inglese dal 2017 a oggi è stata dell'1,2% (la stessa dell'Eurozona) contro lo 0,8% dell'Italia. Il tasso di disoccupazione è passato dal 5.1% del 2016 (ultimo anno prima della vittoria della Brexit) al 3,8% di fine 2023 (il nostro è del 7,2%), il tasso di occupazione è passato dal 73,9% al 75% (quello dell'Italia è del 62,1%). I salari reali inglesi tra il 2019 e il 2023 sono cresciuti del 3%, i nostri sono scesi del 9%. Non ho mai detto che chi la pensa diversamente da me è un coglione, ma che chi sostiene che la UE sia un esempio di crescita e i BRICS un branco di pezzenti o non sa di cosa sta parlando o è un'analfabeta funzionale (legge ma non capisce). Per quanto riguarda candidarmi alla guida del Paese, lo ringrazio. Difficilmente farei peggio di una classe politica di incapaci, ciarlatani, pavidi servi e venduti che negli ultimi 30 anni ci ha ridotti come siamo messi oggi. E di cui lui è un perfetto esponente.
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Che l'accusa venga dai maggiori sostenitori del pensiero unico (basta che sia il loro ovviamente) fa veramente ridere. Il punto è che destra liberale e sinistra liberale sono due facce della stessa medaglia che si dividono solo su funte battaglie identitarie mentre sulle questioni fondamentali si tratta sempre di liberisti servi del vincolo esterno.
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Secondo Mario Monti dovremmo letteralmente morire per Maastricht...
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Nell'intervista di oggi sul CorSera, Mario Monti chiede ancora sacrifici agli italiani. Ovviamente in nome dell'integrazione europea...
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Ogni volta che l'Italia ha un problema guarda caso ci sta l'Unione Europea di mezzo. Dalla UE non basta uscire, va distrutta per poi cospargere di sale le sue rovine di modo che non rinasca mai più.
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Con un'inflazione acquisita per il 2024 dello 0,6% pagare tassi medi pluriennali vicini al 4% è un suicidio. Sono soldi che andranno alla rendita da capitale anziché al lavoro.
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Ho un sogno: l'Italia fuori da UE, Eurozona e NATO ma nei BRICS. Solo se siamo noi i primi a non essere neanche in grado di immaginarla un'altra Italia possibile, allora quell'Italia diventa realmente impossibile. Le prime catene da rompere, prima anche di quelle del vincolo esterno, sono quelle che abbiamo in testa. Le catene di una popolazione che ha ormai interiorizzato il proprio status di colonizzati.
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Vedo che c'è confusione sul tema, quindi provo a fare un po' di chiarezza. Molte Banche Centrali oggi sono di proprietà prevalentemente o interamente pubblica. Molte ma non tutte (è il caso della FED o della Banca d'Italia). Proprietà non è (sempre) sinonimo di controllo, ma è ovvio che incida sul controllo di un ente. Oggi però proprietà pubblica in molti Paesi non è sinonimo di interesse pubblico (come dovrebbe essere). Per esempio in Italia con la sostituzione del proporzionale puro col maggioritario e delle preferenze con le liste bloccate abbiamo avuto un processo di privatizzazione della classe politica che ha fatto sì che oggi chi siede in Parlamento non risponde del proprio operato agli e lettori e non tutela nei fatti gli interessi della popolazione, ma di ristretti gruppi di interessi. Questo vuol dire che un ente interamente pubblico o controllato dallo Stato in Italia oggi è una condizione necessaria ma non sufficiente a garantirne la funzione di difesa dell'interesse collettivo.
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La domanda più importante di tutte: perché gli Stati prendono in prestito (cioè si indebitano in) una valuta che loro stessi emettono?
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Vi ricordo che domani, sabato 4 maggio, a partire dalle ore 16 presso il circolo SangioLAB di Roma si terrà l'incontro con Pierluigi Fagan "Benvenuti nell'Era Complessa". Per venticinque anni manager e imprenditore nel campo della comunicazione, nei successivi anni Fagan ha intrapreso un lungo periodo di intensa ricerca intorno al concetto di complessità, declinata in vari campi di studio, di cui è oggi uno dei massimi esperti. Autore del libro "Verso un mondo multipolare" (Fazi editore), pubblica articoli su varie riviste on line e partecipa a incontri e dibattiti pubblici. L'incontro sarà moderato da Valerio Casali (collettivo SangioLAB) e da Gilberto Trombetta (segretario del Fronte per la Sovranità Popolare).
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Il 63% dei vantaggi fiscali della flat tax immobiliare (1,5 miliardi di euro )va al 22% più ricco della popolazione. Si conferma la regressività di un provvedimento che anziché favorire le clsssi medie e basse va a vantaggio di quelle più benestanti contribuendo così ad aumentare le disuguaglianze.
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Varrebbe anche la pena ricordare per completezza che il PIL tra il 2020 e il 2023 è aumentato di circa 425 miliardi, le entrate fiscali di oltre 130 miliardi e che il rapporto debito/PIL è sceso di 18 punti percentuali.
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La differenza tra un Ministro delle Finanze di centrosinistra e uno di centrodestra non salta all'occhio. Perché non c'è. Un giorno capirete...
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“I manager delle corporation usano generalmente i buy-back, ovvero gli acquisti delle azioni delle loro società, per gonfiare il rendimento di ogni singola azione (earnings per share, EPS): infatti grazie al buy-back diminuisce il numero di azioni in circolazione e gli utili aziendali vengono spalmati su un numero minore di azioni. Ovviamente questo va a vantaggio degli azionisti e dei manager che hanno opzioni sulle azioni della loro impresa, ma certamente non rafforza il capitale delle imprese. Anzi: molto spesso le imprese si indebitano pesantemente emettendo obbligazioni (acquistate a piene mani dagli istituti bancari) solo per riacquistare i propri titoli azionari che così in borsa aumentano artificiosamente di valore. Il buy-back è tutt’altro che un fenomeno isolato ed eccezionale: al contrario è normale, comune e diffuso, provoca un artificioso aumento dei valori di mercato e contemporaneamente un forte indebitamento e impoverimento delle aziende. Prima del 1981 nel Regno Unito, e prima del 1982 negli Stati Uniti, il buy-back era proibito ed era considerato manipolazione di mercato. Dopo che è stato permesso si è diffuso sempre di più. Nel 2019, secondo le stime di bank of America Merrill Lynch, le aziende hanno speso circa 823 miliardi di dollari per ricomprare le loro stesse azioni. Goldman Sachs stima invece numeri superiori: 940 miliardi di dollari con una crescita del 13% rispetto all’anno prima. Secondo la Banca dei regolamenti Internazionali tra il 2010 e il 2019 le aziende statunitensi hanno distribuito 4 trilioni di dollari di dividendi e 6 trilioni di dollari di buy-back agli azionisti, ovvero 4 trilioni di dollari al netto del costo per l’emissione di azioni, una cifra enorme. Il valore complessivo dei buy-back è triplicato in un decennio. La borsa americana ormai serve più ad arricchire gli azionisti e i manager che a rafforzare le imprese”. Il fallimento della moneta, di Enrico Grazzini
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