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Intelligence for the People

Intelligence for the People è una newsletter di politica internazionale su mondo multipolare, declino dell’Occidente, crisi della democrazia, rivoluzione biotecnologica, ed altro. (A cura di Roberto Iannuzzi) 👇 https://robertoiannuzzi.substack.com

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Perdita di potere e deriva autoritaria dell’Occidente Dal rinnovato militarismo alla repressione delle proteste universitarie, ultimo presidio di democrazia, le élite occidentali si mostrano incapaci di leggere la mutata realtà globale. Il mio nuovo articolo su #IntelligenceForThePeople 👉https://robertoiannuzzi.substack.com/p/perdita-di-potere-e-deriva-autoritaria Nella crescente spesa militare globale, la parte del leone continuano a farla i paesi occidentali e i loro alleati (dove risiede un sesto della popolazione mondiale), i quali contribuiscono a circa due terzi di essa. Ciò non sembra rassicurare i nostri leader su nessuna delle due sponde dell’Atlantico. Da oltreoceano continuano a giungere appelli affinché l’Europa si riarmi per impedire una sempre più probabile vittoria russa in Ucraina. L'ultimo a lanciare l’allarme è stato Boris Johnson, il quale ha affermato che l’Occidente rischia di perdere la sua egemonia. I suoi timori non sono nulla di nuovo. I leader occidentali sono terrorizzati all’idea di perdere la supremazia mondiale. La tesi ufficiale di un Occidente “democratico” assediato dalle “autocrazie” non può essere messa in discussione, pena il crollo di una narrazione che chiede di riarmarsi contro le “aggressioni” esterne anche a costo di ennesimi sacrifici interni. Né si può discutere del fallimento di un sistema economico fondato sulla deregolamentazione dei mercati, sullo smantellamento dello stato sociale, sulla precarizzazione del lavoro e sull’austerità. Perciò, i governi occidentali sembrano sempre più preoccupati da qualunque forma di dissenso, e moltiplicano gli sforzi per monitorarlo e “regolamentarlo”, arrivando a definire una porzione crescente di manifestazioni contrarie alla narrazione ufficiale come “disinformazione” e “incitamento all’odio”. Dove il contrasto fra il punto di vista delle élite e quello di almeno una parte dell’opinione pubblica è apparso più stridente, è nella reazione al brutale sterminio in corso a Gaza da ormai sette mesi. La protesta studentesca vuole che le università sospendano i rapporti di collaborazione con quelle imprese – e quelle università israeliane – che traggono profitto o sono direttamente coinvolte nello sforzo bellico di Tel Aviv. La rapidità con cui queste proteste, eminentemente pacifiche, sono andate incontro alla repressione violenta della polizia negli USA, e in parte anche in Europa, conferma quanto sia delicato questo tema politico per le élite al potere. La Germania è divenuta un caso emblematico per la frattura tra l’opinione pubblica e la politica governativa di appoggio incondizionato all’operazione israeliana a Gaza. Sebbene il 69% dei tedeschi consideri ingiustificata l’azione militare di Tel Aviv, nel paese si respira un crescente clima di intolleranza da parte delle istituzioni nei confronti di chiunque critichi la politica ufficiale di sostegno a Israele. Una frattura non dissimile si registra sul conflitto ucraino. La stampa tedesca ha un approccio eminentemente militarista, a differenza della popolazione la cui maggioranza predilige un approccio negoziale con Mosca. Il ricercatore Uwe Krüger ha mostrato che i principali giornalisti tedeschi sono affiliati a think tank transatlantici come Atlantik-Brücke, Trilateral Commission e Aspen Institute, sebbene tale affiliazione non appaia nei giornali su cui scrivono. Nei paesi occidentali, dunque, controllati da élite sempre più ristrette, la narrazione degli eventi, sia in politica estera che sul fronte interno, viene sempre più imposta dall’alto attraverso una stampa compiacente e fondamentalmente affiliata al potere. Se vi va, leggete l’articolo!👇 —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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Perdita di potere e deriva autoritaria dell’Occidente

Dal rinnovato militarismo alla repressione delle proteste universitarie, ultimo presidio di democrazia, le élite occidentali si mostrano incapaci di leggere la mutata realtà globale.

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Gli USA stanno lavorando con Israele per impedire l’emissione di mandati di arresto nei confronti di Netanyahu e di altri esponenti del governo israeliano da parte della Corte Penale Internazionale per i crimini commessi a Gaza. 👉https://scheerpost.com/2024/04/29/us-working-to-prevent-icc-arrest-warrant-for-netanyahu/ Con una telefonata, Il premier israeliano ha chiesto espressamente a Biden di impegnarsi in questo senso. 👉https://www.axios.com/2024/04/29/netanyahu-biden-icc-arrest-warrants-war-crimes Il Congresso USA ha già minacciato ritorsioni legislative contro la CPI se i mandati di arresto dovessero essere emessi. Lo speaker della Camera Johnson ha detto che un simile precedente potrebbe portare la CPI a emettere mandati di arresto anche nei confronti di politici americani. 👉https://www.axios.com/2024/04/29/icc-congress-netanyahu-israel-gaza In altre parole, bisogna impedire in ogni modo che il principio secondo cui Israele e USA sono due paesi intoccabili venga messo in discussione. —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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US Working To Prevent ICC Arrest Warrant for Netanyahu

The US backed the ICC issuing an arrest warrant for Putin

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“Laboratorio Palestina” – L’incredibile libro del giornalista Antony Loewenstein Come l’industria israeliana delle armi e della sorveglianza di massa testa nei Territori palestinesi occupati sistemi che vengono esportati e utilizzati in tutto il mondo. Il mio nuovo articolo su #IntelligenceForThePeople 👉https://robertoiannuzzi.substack.com/p/laboratorio-palestina-lincredibile Secondo due recenti inchieste israeliane, le forze armate di Tel Aviv hanno fatto ampio ricorso a due sistemi fondati sull’intelligenza artificiale nel corso della loro devastante operazione militare a Gaza. “The Gospel”, il primo, elabora milioni di dati per identificare a gran velocità edifici ed altre strutture da cui potrebbero operare i miliziani palestinesi, trasformandoli così in bersagli da distruggere. Il secondo, denominato “Lavender”, individua sospetti membri dell’ala militare di Hamas e Jihad Islamica, processando anche in questo caso infinità di dati che vanno dalle intercettazioni telefoniche all’adesione a gruppi Whatsapp. Il programma stila così una graduatoria di probabile appartenenza, che va da 1 a 100. Chi figura ai vertici di tale classifica viene sorvegliato da un sistema chiamato “Dov’è papà?”, il quale invia un segnale quando il “sospettato” rientra a casa, dove viene bombardato (insieme alla famiglia). The Gospel e Lavender sono solo le ultime due spaventose incarnazioni di un’industria sempre più fiorente, che applica tecnologie di ultima generazione all’ambito bellico, e che vede Israele all’avanguardia mondiale nel settore. Come lo Stato ebraico sia divenuto uno dei maggiori esportatori di armi, ed abbia rivoluzionato l’industria bellica attraverso il connubio fra le startup tecnologiche e il settore pubblico della difesa, utilizzando i Territori palestinesi occupati come un laboratorio per testare nuovi armamenti e rivoluzionari sistemi di sorveglianza, è una storia che da tempo sarebbe stato giusto raccontare. Lo ha fatto con grande maestria il giornalista ebreo australiano Antony Loewenstein nel suo libro Laboratorio Palestina, recentemente uscito anche in Italia (Fazi Editore, traduzione di N. Mataldi, 2024). Lo sviluppo dell’industria bellica israeliana, spiega Loewenstein, è stato reso possibile anche dalla stretta collaborazione con Washington. Per decenni, Israele ha operato in luoghi dove gli Stati Uniti preferivano mantenere un basso profilo. Le multinazionali della sorveglianza, al primo posto quelle israeliane, hanno fatto lucrosi affari anche vendendo sistemi di tracciamento e pubblicizzando i loro servizi di controllo durante la crisi del Covid-19, nel corso della quale il governo israeliano ha usato perfino lo Shin Bet, il servizio segreto interno, per monitorare i propri cittadini. La crescita del settore israeliano della difesa e della sicurezza è inseparabile dall’occupazione palestinese. I sistemi biometrici e di riconoscimento facciale, di monitoraggio dei telefoni cellulari, le telecamere controllate dall’intelligenza artificiale, vengono testati quotidianamente a Gaza e in Cisgiordania, in particolare presso gli innumerevoli checkpoint che rendono impossibile la vita dei palestinesi. Molti di questi posti di blocco sono gestiti da società private, che a loro volta assumono veterani dell’esercito e dell’intelligence. Loewenstein mostra minuziosamente come tale sistema di sorveglianza si fondi su una totale disumanizzazione dei palestinesi, i quali diventano soggetti nei confronti dei quali è possibile esercitare solo un sistema di repressione e controllo totalizzante. Ma il suo libro spiega anche chiaramente che la logica capitalistica alla base di questo sistema fa sì che esso venga esportato a livello mondiale, e sempre più utilizzato non solo a fini di repressione militare, ma anche di controllo civile. Molti più dettagli, e soprattutto alcuni estratti del libro, nell’articolo. Leggetelo, se vi va! 👇 —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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“Laboratorio Palestina” – L’incredibile resoconto del giornalista Antony Loewenstein

Come l’industria israeliana delle armi e della sorveglianza di massa testa nei Territori palestinesi occupati sistemi che vengono esportati e utilizzati in tutto il mondo.

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Ci dicono che dobbiamo difendere la democrazia da potenze straniere e autocratiche. Non so perché, ma non riesco a scacciare la sensazione che il fascismo abbia preso piede (di nuovo) proprio in Occidente 🤔 👉https://t.me/rossobruni/39485 —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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Giubbe Rosse

🇺🇸 USA, EMERY UNIVERSITY (GEORGIA). A QUESTA DOCENTE È ANDATA UN PO' PEGGIO Caroline Fohlin, professoressa di economia presso la Emory University, è stata afferrata e scaraventata a terra con la testa sul cemento dalla polizia di Atlanta durante una protesta filo-palestinese nel campus. Mentre tanta di difendersi, grida "Sono una professoressa!" 🟥 Segui Giubbe Rosse Telegram | Web | Ultim'ora | Twitter |  Facebook | Instagram | Truth | Odysee

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I missili iraniani nei cieli d’Israele segnano una svolta negli equilibri mediorientali. Il mio nuovo articolo su #IntelligenceForThePeople 👉https://robertoiannuzzi.substack.com/p/scontro-israele-iran-e-rischi-di Come di consueto, molti commentatori occidentali hanno perlopiù travisato, talvolta demonizzato, o perfino deriso, le ragioni e la portata della rappresaglia iraniana compiuta in territorio israeliano. Essa, facendo emergere la pluriennale “guerra ombra” fra Israele e Iran, finora combattuta prevalentemente “per procura”, e trasformandola per la prima volta in un confronto militare diretto, segna nondimeno una pericolosa svolta negli equilibri mediorientali. Dopo alcuni giorni di attesa, la risposta più volte ventilata dal governo Netanyahu, ma scoraggiata da Washington, è giunta stanotte sotto forma di un attacco limitato, compiuto da piccoli droni (quadricotteri) contro la base militare di Isfahan. Un episodio che non sembra aver provocato danni (i quadricotteri sono stati abbattuti), e parrebbe un segnale di de-escalation (maggiori dettagli nell’articolo). La possibilità di uno scontro diretto fra Israele e Iran è però ora una realtà regionale con cui bisogna fare i conti. Vi è un legame che unisce la marginalizzazione regionale dell’Iran e la progressiva liquidazione della questione palestinese, il quale rappresenta una chiave di lettura essenziale per comprendere le ragioni dell’attacco del 7 ottobre e gli eventi che ne sono derivati. La Repubblica Islamica iraniana, sorta dalla rivoluzione che nel 1979 detronizzò la dinastia Pahlavi, si ritrovò sotto embargo fin dalla sua fondazione per aver rovesciato una monarchia “amica” dell’Occidente, e aver posto fine all’egemonia anglo-americana nel paese. Teheran dovette poi confrontarsi con la politica di “esportazione della democrazia” promossa in Medio Oriente da George W. Bush dopo il 2001. Quest’ultimo inserì l’Iran nel cosiddetto “asse del male”, insieme a Iraq e Corea del Nord. L’allora premier israeliano Ariel Sharon, dal canto suo, aderì alla campagna dei neocon americani, esercitando pressioni su Washington riguardo alla necessità di rispondere alla “minaccia” rappresentata dal programma nucleare iraniano. Quest’ultimo rappresentava una risposta al trauma delle armi chimiche usate indiscriminatamente da Saddam durante la guerra Iran-Iraq. Teheran, tuttavia, non puntò mai a sviluppare apertamente un’arma atomica, quanto piuttosto a divenire una potenza nucleare “latente”. L’Iran reagì in maniera asimmetrica all’ostilità israelo-americana, cercando di proiettare la propria influenza a livello mediorientale attraverso alleanze con governi e attori non-statuali che condividevano con Teheran l’avversione all’egemonia di Washington e Tel Aviv. Malgrado le lodi rivolte da Teheran a Hamas per l’operazione del 7 ottobre, definita un successo della resistenza all’occupazione israeliana, la durissima reazione militare di Tel Aviv ha messo l’asse filoiraniano sulla difensiva. Il bombardamento del consolato di Damasco, una rappresentanza diplomatica, e l’uccisione del generale Zahedi, hanno costituito un ulteriore salto di qualità negli attacchi israeliani, di fronte al quale Teheran ha ritenuto di essere obbligata a reagire. Nel frattempo, gli USA hanno dovuto ingoiare un’altra umiliazione. Il tentativo della loro missione diplomatica all’ONU di emettere un comunicato congiunto di condanna nei confronti dell’Iran per il suo “attacco allo Stato di Israele” si è risolto in un fiasco. L’intera Africa, e gran parte del continente asiatico (inclusa la Turchia, un membro della NATO) hanno rifiutato la proposta. Al Consiglio di Sicurezza, Russia e Cina hanno sostenuto le ragioni dell’Iran. Ad eccezione dell’Occidente, dunque, il resto del mondo ritiene che Teheran abbia legittimamente risposto ad una palese violazione del diritto internazionale da parte di Israele. Se vi va, leggete tutto l’articolo👇 —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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Scontro Israele-Iran e rischi di regionalizzazione del conflitto

I missili iraniani nei cieli d’Israele segnano una svolta negli equilibri mediorientali.

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Fonti USA: “Almeno 9 missili iraniani hanno bucato le difese aeree israeliane colpendo due basi militari”. Ora immaginate se Teheran avesse lanciato un numero doppio o triplo di missili, e non avesse ampiamente preavvertito dell’attacco. 👉https://abcnews.go.com/International/live-updates/israel-gaza-hamas-war/?id=108860743 Fonti USA: “C’è anche il rischio che gli sforzi per difendere Israele da ulteriori attacchi iraniani non abbiano lo stesso successo della difesa coordinata di domenica”. L’attacco iraniano aveva scopo dimostrativo. Gli USA hanno colto il messaggio. 👉https://www.axios.com/2024/04/14/us-israel-iran-attack-retaliation —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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Israel-Gaza live updates: WH says it's up to Israel how to respond to Iran's attack

Six months after Hamas terrorists invaded Israel on Oct. 7, the Israeli military continues its bombardment of the neighboring Gaza Strip.

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A fronte di una spesa massima iraniana di 30 milioni di $ per lanciare l’attacco la scorsa notte, Israele e alleati hanno speso oltre 1 miliardo per difendersi. Su questo si basa la strategia di logoramento di Teheran e del fronte iraniano. 👉https://twitter.com/IranDefense/status/1779562398807900244 —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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Iran Defense|نیروهای مسلح جمهوری اسلامی ایران (@IranDefense) on X

If we believe Israeli claims for munitions launched, the Iranian attack cost roughly $25-30 millions USD to carry out, compared to over $1.1 billion USD worth in interceptors used by the US & Israel Quite clear who can sustain attrition

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Una cosa deve essere chiara riguardo all’attacco con droni e missili compiuto dall’Iran contro Israele. Sì, si è trattato di un attacco dimostrativo, nel senso che è stato calcolato per non provocare seri danni, ma tutt’altro che simbolico. 👉https://twitter.com/alihashem_tv/status/1779340529894846862 Teheran ha portato la guerra nei cieli israeliani, con un attacco di una scala e una portata che non hanno niente a che vedere con quello che Israele ha conosciuto finora: i razzi di Hamas. L’impatto psicologico è stato senz’altro enorme. 👉https://twitter.com/colonelcassad/status/1779331699979026730 Una conferma a sostegno di una simile affermazione? Netanyahu questo weekend si era rintanato in un bunker. Il 7 ottobre era rimasto comodamente a casa propria. 👉https://twitter.com/BarakRavid/status/1779210037082136784 I missili e i droni iraniani sono giunti nei cieli israeliani sebbene Israele si sia avvalso di una rete difensiva regionale che ha coinvolto USA, UK, Francia e Giordania, usando una gran quantità di intercettori (e spendendo decine di milioni di $). 👉https://twitter.com/AmirIGM/status/1779433685793546447 Malgrado questa impressionante rete di aiuto, e sebbene Israele stesso abbia una delle più dense e avanzate difese aeree al mondo, alcuni missili iraniani (in un attacco che, ricordiamolo, era dimostrativo) hanno bucato questa rete di difesa. 👉https://twitter.com/Pataramesh/status/1779294214766874828 Colpendo la base militare israeliana di Nevatim (sebbene l’entità dei danni non sia chiara, e potrebbe essere limitata), Teheran ha raggiunto il proprio obiettivo: punire la base da cui era partito l’attacco al consolato iraniano di Damasco. 👉https://twitter.com/Pataramesh/status/1779316696978751684 Se Biden ha detto a Netanyahu di tenersi la sua “vittoria”, e che gli USA non parteciperanno a un’eventuale risposta israeliana, un motivo c’è: la consapevolezza che, sebbene a un prezzo molto alto, l’Iran può infliggere danni enormi a Israele. 👉https://www.axios.com/2024/04/14/biden-netanyahu-iran-israel-us-wont-support
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Ali Hashem علي هاشم (@alihashem_tv) on X

Last thought for tonight, Iran’s attack was clearly meant to reinstate deterrence and not to provoke a war. Whether the objective was the contrary we would have seen more complex effort and vital roles played by Hezbollah and other allied groups in the region. The objective was…

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A 75 anni, l’Alleanza Atlantica si fonda su una narrazione fittizia Il mio nuovo articolo su #IntelligenceForThePeople 👉https://robertoiannuzzi.substack.com/p/a-75-anni-lalleanza-atlantica-si La NATO, che è stata definita dai suoi sostenitori l’alleanza più “duratura” e “di maggior successo” della storia, celebra quest’anno i 75 anni di vita. L’anniversario è stato ricordato, la scorsa settimana, da una frettolosa celebrazione a Bruxelles. I ministri degli esteri di Germania, Francia e Polonia hanno scritto orgogliosamente sulle pagine di “Politico” che i paesi dell’Alleanza hanno fornito all’Ucraina oltre 200 miliardi di € in assistenza militare e finanziaria. Una somma che avrebbe potuto essere investita nello sviluppo pacifico delle popolazioni del Nord America e dell’Europa, invece di alimentare un pericoloso conflitto nel cuore del vecchio continente, che USA e UK in primis hanno esacerbato sabotando ogni tentativo negoziale. Baerbock, Séjourné e Sikorski hanno sostenuto che 75 anni fa il trattato di fondazione della NATO fu firmato per “preservare i nostri valori comuni: libertà individuale, diritti umani, democrazia e stato di diritto”. Troppo spesso, purtroppo, la storia dell’Alleanza Atlantica ha smentito simili affermazioni, dimostrando che essa non è uno strumento difensivo, ma di aggressione, che ha messo in pericolo la democrazia all’interno degli stessi paesi aderenti alla NATO. Fin dai primi anni, USA, Francia e altri paesi si impegnarono in sanguinose guerre in Indocina, Corea, Algeria e altrove. La NATO appoggiò golpe in Grecia, Turchia, e contro governi nazionalisti e di sinistra in Africa e America Latina pur di combattere l’influenza sovietica In collaborazione con la NATO e i servizi segreti di numerosi paesi membri, la CIA e l’intelligence britannica crearono una rete clandestina (“stay behind”) di eserciti anticomunisti nell’Europa occidentale. Essi avevano il compito di manipolare l’opinione pubblica (con strumenti che andavano dalla propaganda al terrorismo) per impedire l’emergere di qualsiasi forza che minacciasse l’impianto capitalistico e l’orientamento atlantico di questi paesi. Il ramo tedesco, chiamato Bund Deutscher Jugend (Lega della Gioventù Tedesca), era infiltrato da ex nazisti e membri delle SS. Reinhard Gehlen, responsabile dell’intelligence nazista sul fronte orientale, fuggito a Washington nel settembre del 1945 con l’aiuto dei servizi segreti USA, fu successivamente fatto rientrare in Germania dove, con finanziamenti americani, cominciò a gestire la cosiddetta “organizzazione Gehlen”, embrione dei servizi di intelligence della Germania Ovest. In realtà, già al termine del suo primo decennio di vita la NATO poteva essere considerata obsoleta, essendo i sovietici in ritirata nel continente. La dirigenza sovietica aveva ereditato dalla Russia zarista l’idea di un equilibrio fra potenze in Europa. Questa idea si estrinsecò nel concetto sovietico di “pacifica coesistenza tra due sistemi”, e successivamente in quello di “sicurezza indivisibile” portato avanti dall’attuale leadership russa. Incurante di ciò, a partire dal 1961 Washington decise di schierare missili nucleari a medio raggio in Turchia, in grado di raggiungere tutte le principali città occidentali dell’URSS. La mossa USA fu all’origine della crisi di Cuba dell’anno seguente. Con la fine della Guerra Fredda, che vide la dissoluzione del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, e il ritorno della Russia e degli altri paesi ex sovietici al modello capitalista, la NATO tuttavia non si sciolse. Al contrario, l’Alleanza inaugurò le proprie operazioni “fuori area”, a partire dalla Iugoslavia. Nel 1999, essa bombardò la Serbia senza mandato ONU, e in violazione del diritto internazionale, favorendo la secessione del Kosovo. Se vi va, leggete l’articolo!👇 —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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A 75 anni, l’Alleanza Atlantica si fonda su una narrazione fittizia

La NATO è un anziano boss, costretto a mentire a se stesso pur di prolungare il proprio declinante potere, perpetuando una scia di divisioni e conflitti nel vecchio continente e nel mondo.

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Con il ritiro della 98a divisione da Khan Yunis, annunciato ieri da Israele, una sola brigata (4.000 soldati) resta a Gaza, rispetto alle 3 divisioni (circa 30.000 uomini) che erano nella Striscia a gennaio. Siamo di fronte a uno stallo militare di fatto, ma probabilmente non alla fine del conflitto. 👉https://www.axios.com/2024/04/07/6-months-gaza-war-netanyahu Nahal, l’unica brigata che rimane a Gaza, ha il compito di sorvegliare il corridoio Netzarim, che taglia in due la Striscia impedendo agli sfollati palestinesi di tornare al nord. 👉https://www.timesofisrael.com/idf-withdraws-ground-troops-from-south-gaza-leaving-just-one-brigade-in-enclave/ Il corridoio permette all’esercito israeliano anche di continuare a compiere incursioni nel nord e nella parte centrale della Striscia. Anche l’aviazione può proseguire i bombardamenti dal cielo. E il pericolo più grave per i palestinesi rimane la carestia incombente malgrado il lieve allentamento dell’embargo operato da Israele a seguito del massacro degli operatori umanitari di World Central Kitchen e delle successive pressioni americane. In questo momento le operazioni militari sono molto più intense sul fronte nord con Hezbollah, al confine libanese. Sebbene siano ripresi i negoziati tra Israele e Hamas, però, nessun cessate il fuoco sembra essere imminente nella Striscia. L’offensiva su Rafah continua ad essere uno spauracchio agitato da Netanyahu, ma più che altro come strumento di pressione nei confronti degli americani e dei negoziati. Preparativi militari per l'offensiva al momento non sembrano in corso. Il ritiro israeliano da Khan Yunis è in parte conseguenza anche delle perdite che, nonostante tutto, Hamas continua a infliggere all’esercito israeliano, oltre che del logoramento complessivo delle truppe e del costo economico dello sforzo bellico. 👉https://www.timesofisrael.com/four-soldiers-killed-fighting-in-southern-gaza-as-war-on-hamas-hits-six-month-mark/ Esso segna perciò un’impasse militare che però non porta alla fine né della guerra né della tragedia di Gaza. Sebbene indichi un fallimento militare di Israele, a Netanyahu può anche andar bene se serve a trascinare il conflitto e ad allontanare la prospettiva di elezioni. —————————— ➡️ Iscriviti a Intelligence for the People Sono anche su Twitter: @riannuzziGPC
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6 months in, the Gaza war is in limbo — which may help Bibi stay in power

The Gaza war is in limbo. That's not necessarily a bad thing for Bibi.

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