Il governo ha ammesso la vendita di armi a Kiev, all'insaputa delle Camere - L'INDIPENDENTE
Nel corso del 2023, l’Italia ha venduto armi all’Ucraina per un valore di
417 milioni di euro. È quanto il ministro della Difesa Guido Crosetto, messo alle strette da un parlamentare del Movimento 5 Stelle in occasione di un
question time nell’aula di Montecitorio, ha confermato ieri. Il dato era emerso da un articolo pubblicato lo scorso 22 marzo da
L’Espresso, sulla base del quale i pentastellati hanno calibrato un’interrogazione rivolta al titolare del dicastero di via XX Settembre. Come ricordato dal partito guidato da Giuseppe Conte, infatti, l’art. 2-bis del decreto n.14/2022, prorogato per ben due volte nell’ultimo biennio, autorizzerebbe la cessione – e non la vendita – di mezzi militari a Kiev, previo atto di indirizzo delle Camere. I membri del M5S hanno dunque immediatamente chiesto ai rappresentanti dell’esecutivo di spiegare in che modo, mancando una apposita norma, il governo abbia
autorizzato tali vendite, peraltro senza informare i due rami del Parlamento.
La questione è stata direttamente
sottoposta a Crosetto dal deputato pentastellato Marco Pellegrini. «Vorremmo sapere qual è la base giuridica su cui poggerebbe questa vendita di armi», ha chiesto il parlamentare, dal momento che il
decreto legge n. 14 del 2022, all’articolo 2-bis, in deroga alle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185 (che vieta la vendita di armi a Paesi in stato di conflitto armato), «identifica esattamente
le modalità di cessioni di armamenti e di equipaggiamenti militari da parte dell’Italia al governo ucraino e non ne prevede di diverse». «La fornitura di armi a Kiev, che esercita il diritto all’autodifesa previsto dall’articolo 51 della Carta ONU, non è vietata dalla legge 185 del 1990», ha risposto Crosetto, facendo riferimento al fatto che tale interdizione non varrebbe per l’invio di materiale militare ai Paesi che si trovino a difendersi da un’aggressione. Il ministro ha poi confermato poi le cifre messe nero su bianco da
L’Espresso, spiegando che lo scorso anno le vendite di armi all’Ucraina «hanno raggiunto un valore di 417 milioni di euro». Pellegrini non si è però sottratto a una dura controreplica. «Questo Parlamento, nel 2022, ha deciso di derogare alla legge n. 185 del 1990, che vieta la vendita e la cessione di armi a Paesi belligeranti e a Paesi in conflitto. Questa deroga fu fatta proprio per consentire all’Ucraina il suo legittimo diritto di difendersi», ha detto in aula il deputato, puntualizzando che il cuore della sua interrogazione verteva «su una questione politica e, cioè, il fatto che
questo Parlamento intende essere informato sulle cessioni e anche sulle vendite che vengono fatte all’Ucraina, perché pretende il rispetto della legge n. 185 del 1990». Il parlamentare ha concluso affermando che «per norma vigente, non è possibile fare questo tipo di cessioni», dal momento che «il Parlamento aveva perimetrato esattamente come esse dovevano essere effettuate».
«Mi chiedo che senso abbia, dal punto di vista politico e fattuale, chiedere al Parlamento un atto di indirizzo per dire che diamo le armi all’Ucraina, cedendole dopo averle prese dall’arsenale delle nostre forze armate, facendo quindi un preciso passaggio alla Camere, e
non farlo quando invece si tratta di vendita, peraltro presumibilmente di materiale nuovo e all’avanguardia. Su questo il ministro Crosetto non ha risposto», ha dichiarato il deputato Pellegrini a
L’Indipendente, aggiungendo: «Il decreto iniziale del 2022 è stato rinnovato due volte da questo governo, che in una delle due occasioni avrebbe potuto dire al Parlamento che, oltre alle cessioni, erano in corso delle vendite da parte di industrie italiane ritenute perfettamente lecite dall’esecutivo.
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